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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
All'amico carissimo, al compagno assiduo ed instancabile di Lavoro, al direttore buono e premuroso — così duramente ed improvvisamente colpito da immane dolore. — Vadano le nostre parole di vivo e sincero cordoglio: e non manifestazione di sterile sentimento retorico è la nostra, ma dura, sincera necessità di compianto. Povero amico! hai perduto il fratello buono e gentile, l'anima serena e pia; immensa è la tua sventura; ma se qualcuno può esserti di sollievo, lo siano i tuoi compagni di lavoro, i tuoi amici carissimi che nell'ora di tuo affanno piangono e dolorano con te. Possa tu ritemprarti nelle battaglie della vita e nel quotidiano lavoro fecondatore. Questo è il nostro augurio. — La redazione — Loreto Aprutino 11-5-1909 — All'ansia febbrile e angosciosa dell'intera cittadinanza per la triste sorte che incombeva sulla salute del Rev. Carlo Stoppa, aggravato da varii giorni da inesorabile malore, è succeduta la nera catastrofe, prostrando e abbattendo tutti gli animi nel più fiero dolore, nel più crudo avvilimento. Ieri erano corse voci di miglioria e tutti sentirono il sollievo d'una cara speranza; ma, pur troppo, l'indugio del triste fato che oprava non era stato che una tregua ingannatrice, onde il dolore con più crudeltà inaspettatamente venisse a colpire quegli animi alla carezza della pia speranza. E stamane, sotto il bel cielo di maggio, dopo breve e serena agonia ai conforti di nostra Religione e fra l'innegio dei sacri bronzi al cielo esultante alle ore 9 l'Uomo da tutti idolatrato, per le sue nobili virtù di mente e cuore, il Sacerdote esemplare, il Giovane maestro della gioventù, il Cittadino modello, spirava tra le strazianti lagrime della famiglia e il sentito cordoglio dell'intero paese e di quanti seppero di Lui. Un raccapriccio indefinibile si legge
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