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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, Roma (20-2-1913) Penne 17-2 — Abbiamo perduto uno de' cittadini più degni e più giovani: l'avv. Angelo Caponetti. É morto, sono pochi giorni, a Roma, quasi improvvisamente, portandosi nella tomba che lo attende — tornerà, come si annunzia, nella terra natia l'amata spoglia? — tutte le sue speranze e la sua modesta grandezza. Accanto al dilettissimo fratello avv. Aurelio Caponetti, versato nella trattazione delle cause di carattere penale, egli attendeva specialmente alle cause civili e aveva nome, ben meritato, di studioso e di sagace giureconsulto. Non una speranza egli era per noi, ma l'affermazione vivida di un ingegno e di una cultura giuridica non comune. Che cammino luminoso era schiuso innanzi a lui e com'egli l'avrebbe percorso con la serenità e la costanza dell'uomo saggio! Era serissimo, era una mente meditativa, ma, spesso, gli scintillavano gli occhi, a un sorriso di amabilità di tutto il volto arridente. Dalla fanciullezza, dal tempo che il suo Genitore rimase solo, senza la degna consorte, quel sorriso, di tristezza e di amabilità gentile, gli fu proprio; ed io ricordo, con dolore oggi, il tenero compagno di studi, della II classe ginn., nel Seminario. Vi venne per un anno, come alunno esterno, e spesso lo accompagnava l'austero e affettuoso Genitore, al quale, oh quanto, oh quanto immaturamente, s'è ricongiunto! Sparito lui, crebbero i due orfani, accanto al fratello maggiore, al dott. Nicola, cui toccò essere anche padre. Le sventure domestiche non li fiaccarono: avevano un nome da conservare illibato; un nome, a cui accrescere vanto, con opere di bontà e di saviezza, e vissero per questo: sicché il più piccolo di loro parve, e fu eguale agli altri, per senno e volere. Ora, a pensare che a questo compito, che è di tutti i buoni
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