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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, politico, Teramo (9-3-1913) [Inizio Voce]tanto immaturamente provata al dolore, al suo diletto Zeferino, collega nostro nostro carissimo. — Discorso del giudice De Cicco — Per incarico avuto dall'Ill.mo Sig. Presidente e dalla R. Procura, io porto a Cesare Tanzii il saluto di tutto il Tribunale: - del Tribunale, che fu la dimora del suo spirito, e che conobbe i palpiti del suo cuore generoso, i fremiti della sua anima elettissima. Noi lo abbiamo visto in sul declinare degli anni, quando, come quercia vetusta che si sfronda, aveva perduto le illusioni della vita; ma chi lo ricorda giovane, sa con quale fede ed ardore egli entrò nell'arringo forense, con quanta dottrina ed arte oratoria adempì al suo ministero, quanti e quali trionfi egli ottenne, di quanta luce si irradiò il suo nome. I ricordi del passato lo facevano rivivere di una vita intensa, ed egli si accendeva, si entusiasmava a tali ricordi, e ne riceveva conforto e calore, così come le membra intorpidite si riscaldano al raggio del sole. Cesare Tanzii ebbe non soltanto mente eletta, ma anche cuore nobilissimo, aperto agli affetti più gentili, pronto agl'impulsi ed ai palpiti più generosi. E dalla concezione che aveva della vita e che si può riassumere nelle due parole di operare ed amare, derivò la grande, la infinita bontà del suo animo, la moderazione e la serenità di tutti i suoi atti. Io lo vedo ancora nell'aula delle udienze civili del Tribunale, alto, eretto nella persona aristocratica, non chiedere, ma pregare, rimettendosi alla volontà dei colleghi, guardandoli con i suoi occhi sereni, specchio fedele della sua anima purissima. Nelle relazioni private fu amico incomparabile: ebbe una buona parola, un consiglio per tutti. Onde meritato è il titolo di gentiluomo perfetto, che contrassegnerà il tuo nome, o Cesare Tanzii; titolo che ti viene tributato
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