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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
studente universitario, Penne (3-11-1918) [Inizio Voce]soccorrere. Egli, che sul labbro aveva il cuore incontaminato dai bassi compromessi della coscienza, intese ed esercitò il Volontariato civile come un apostolato, essendo convinto che, quando un'idea è nobile e generosa, è virtù propugnarla con ardore, affrontare per essa i maggiori pericoli, soffrire e cadere per il suo trionfo. Con siffatti esempi di fierezza e di dignità, di azione fervida e costante, di lealtà e di disinteresse, sopratutto, nel più ampio e delicato significato della parola, l'ufficio dell'assistenza civile può assorgere a base dell'umana attività e considerarsi come un talismano che, infondendo la fiducia negli animi, invita ed eccita alle utili e più difficoltose imprese i volenterosi; mentre i bisognosi, spettatori di azioni generose e di opere oneste, vedendosi oggetto di caritatevoli cure e di assistenza amorevole, sopportano con maggiore rassegnazione le angustie della vita, sentono essi stessi l'animo loro farsi mite e pietoso e s'inchinano a quella ordinata e feconda disciplina di intentimenti e di voleri, necessaria per la vittoria. Fu egli l'organizzatore geniale di serate di beneficenza e di riuscitissime rappresentazioni teatrali, l'ultima delle quali - quella del 31 dicembre 1916 a favore delle famiglie dei nostri richiamati al nostro Comunale — tutti ricordano. Dopo di che partì e non fece più ritorno fra noi. Sapemmo che per una infermità contratta nel compiere il suo dovere di soldato, gli era stato consigliato di sospendere gli studi universitarii: era iscritto al 4. anno di medicina, ed era molto giovane. E però sperammo che egli avrebbe superato il male; e tutto, tutto c'induceva a credere che nell'agone professionale — che era la meta delle sue veglie laboriose, e di cui parlava con entusiasmo e con fede — sarebbe stato egli il degno
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