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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
insegnante, archeologo, deputato, Roma (4-11-1922) [Inizio Voce]magistero di disegno e con tanta morbidezza di tocco, che le poche mattonelle, le quali si conservano nella natia Castelli e presso gli amici, fanno ripensare, pur non raggiungendone la perfezione, a quelle al mondo celebri di Francescantonio Grue. La necessità della vita ed il rifiuto di un ricco mecenate delle arti della ceramica e della porcellana gl'impedirono di darsi ad esse, dove avrebbe raggiunto l'eccellenza ed avrebbe data l'impronta della magnificenza del Rinascimento. Volse allora le sue cure all'insegnamento e fu chiamato a dettar lettere latine greche nel Liceo «Vittorio Emanuele» di Napoli, ove rifulse per la conoscenza profonda del dolce idioma attico e della lingua, che è ancora l'unica forma degna della civile sapienza, ma maggiormente per l'interpretazione dei «Carmina» e dei «Sermones» di Orazio, che ripeteva tutti a memoria. E seppe vestire l'interpretazione di tanta e peregrina erudizione, di somma grazia di eloquio e di tale fine humor, che tutti ed anche i dotti ed i poeti ne rimanevano ammirati. Consentite un ricordo personale. In una bella giornata dell'autunno del 1903 lasciammo la casa del comm. Giovanni De Angelis di Isola, dove eravamo stati ospitati per due giorni con signorile cordialità: nel lungo viaggio per tornare in questa città (s'impiegavano in quell'epoca con la carrozza 5 lunghe ore) egli mi commentò uno dei Sermones, e, sebbene io sia da annoverare tra il profanum vulgus, provai un godimento, subii un fascino, che non so ridire, ed il tempo volò rapidissimo. A Napoli il Barnabei conobbe il Fiorelli, che non tardò ad apprezzarne l'alta cultura e la competenza in Archeologia, tanto che, chiamato alla Direzione Generale delle Belle Arti, lo volle con se alla Minerva ove lo ebbe collaboratore sapiente e devoto, e, dopo la sua morte,
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