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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
insegnante, archeologo, deputato, Roma (4-11-1922) [Inizio Voce]successore nell'alto uffizio. Ad esso il Barnabei dette subito quell'indirizzo e quell'importanza che si doveva per l'immenso patrimonio archeologico, storico ed artistico dell'Italia nostra, accumulato attraverso quattro civiltà, ed in una continuazione ininterrotta di luce e di insegnamento a tutta l'umanità. Ripeteva spesso ai suoi discepoli ed agli amici che l'Italia aveva un gran dovere verso il Mondo Civile, di conservare non solo, ma di rimettere a luce il tesoro d'arte, di scienza e di grandezza del passato, acciocché si riprendessero le tradizioni latine e si maturasse nell'animo dei popoli il senno romano. E quando in seguito alla sua riuscita in un concorso, fu inviato a Londra ed ivi presentato al Mazzini ed al Gladstone, quella che fu la sua santa poesia, gli fece sentire più amaro, sebbene lo riconoscesse giusto, il rimprovero del grande Statista inglese, il quale notò che l'Italia mancava alla sua missione trascurando il patrimonio artistico e gli scavi delle antichità. Ed a questa missione Egli dedicò tutta la sua attività, ed anche prima di assumere la Direzione delle Belle Arti. Sotto gli auspici del Fiorelli ed efficacemente protetto da Uomini politici di grande valore ed autorità, fondò il «Bollettino degli scavi di Antichità» che, non passarono molti anni, acquistò gran fama all'estero. A questa pubblicazione Egli dette precipua parte delle sue cure e, notandone il sempre crescente favore in Germania ed in Inghilterra, dove richiamava l'attenzione e la disputa dei dotti, ne provò il più dolce orgoglio. Mi diceva spesso indicandomi i molti e sudati volumi, allineati nei modesti scaffali del suo studio: «Ecco il mio monumento». Ma altri e similmente duraturi monumenti sono i due Musei nazionali da lui fondati a Roma, l'uno nelle Terme Diocleziane e l'altro
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