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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Penne (22-3-1925) [Inizio Voce]bensì un sentimento profondo, un abito costante di pensieri, di affetti, di opere veramente cristiane. Nell'aureola purissima di questa donna meravigliosa si ricama tutto un infinito aneddoto di cristianità, come quella che scaturisce dall'intima psiche che è la sede delle sofferenze umane. Singolare figura di donna che bastava solo mirare nel volto placido e sereno, specchio di cara ingenuità, per sentirsi preso per lei di affetto e di venerazione, che una più lunga consuetudine non faceva che accrescere. Sulle labbra aveva un dolce sorriso, talvolta velato d'incredulità quando sentiva dir male, forse non a torto, degli uomini che riteneva tutti buoni e onesti. Oh santa e tremenda ingenuità che ella porta intatta nella tomba! Bastava vederla una volta sola, e un po' conversare con lei per serbarne il ricordo più delicato. E questo ricordo che si confondeva con le manifestazioni limpidissime del superbo dono, che la natura le aveva dato, di un cuore pieno d'amore, era come di grato profumo e di cosa superiore. Ella amò sempre, amò con grande vigore tutti i miseri verso i quali si sentiva fortemente attratto il suo animo squisitamente buono, godendo nel breve mondo di una vita, dove non sanno raccogliersi che pochi, ma dove ella trovava la sua potenza morale e la sua gioia più cara. Ed alla memoria di lei che, cresciuta fra gli agi, fu sempre lontana dagli svaghi mondani ed ebbe anzi fastidio delle pompe e di quelle esorbitanze e vanità che tanto piacciono ai mediocri; di lei che, dotata di tutte le virtù che fanno ammirabile la donna, fu l'anima della casa e irradiò intorno a sè fulgida luce di esempio; di lei che, vera incarnazione di ogni perdono, passava le ore beneficando ed anche, ed è più, sollevando con tutte le grazie del conforto profondo come un profondo cuore
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