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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
vescovo, Teramo (14-8-1927) Da quando, cinque novembre 1921, l'eletto nuovo Vescovo di Teramo diresse ai filiani della sua Diocesi la prima Lettera Pastorale, in cui era l'annuncio più gradito: «io verrò fra voi come Padre», un legame di affetto e di riverenza si strinse tra la terra aprutina e il suo novello Pastore, così che nel giorno 18 decembre istesso anno, in cui Egli fece il suo solenne ingresso nella città, erano intorno a Lui tutte le autorità, tutto il Clero, tutto il popolo festante. L'allocuzione che dal Trono, nella Cattedrale, Egli tenne, in quel giorno, fu ascoltata con intensa commozione, ché veramente quelle parole non erano vano suono, ma fonte di vita: amore, pace, letizia delle anime in Dio e nel nome di Dio! Il popolo vide, nel giovine suo Presule, l'atteso, il desiderato suo Pastore ed esultò. Le benedizioni più calde, i voti più fervidi furono pel nuovo Vescovo, e cinque anni di apostolato strinsero sempre più la Diocesi Aprutina a Monsignor Settimio Quadraroli. L'animo suo grande si mostrò nel fare del clero una sola famiglia, nel cercare tutte le vie per far fiorire il Seminario Vescovile e nell'accrescere decoro alle Case della Preghiera, dalle più modeste dei solitarii villaggi montani alle più grandi dei centri popolosi. L'anima sua buona si rivelò nell'aiutare ogni santa iniziativa e nello stendere la mano benefica verso la povertà palese e più verso quella nascosta, perchè vergognosa. Egli non ebbe mezzi bastevoli per seguire gl'impulsi del suo cuore generoso, così che dovette sentirsi — e lo fu in verità — povero, assai più povero dell' ultimo suo curato di campagna. Ahi, quanti sogni di bontà e di grandezza in opere di bene Egli ebbe, ma non potè veder realizzati per difetto di mezzi! Egli nella febbre del suo apostolato,
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