(30) Ved. Doc. 376, pag. 386.
(31) Rimanga ben chiaro che il processo fu propriamente intitolato "di tentata ribellione"; solo pel vantaggio della brevità noi diciamo "processo della congiura", la quale maniera di esprimerci è del resto consentanea all'altra anzidetta, e certamente preferibile a quella che troviamo pure usata negli Atti e ne' Carteggi, cioè "processo di ribellione".
(32) Ved. i Doc. 441 e 442, pag. 551.
(33) Abbiamo fatto avvertire altrove (vol. 1.° p. 303) che potevano i Giudici, pe' delitti di lesa Maestà servirsi de' più gravi tormenti, ma non di tormenti nuovi. Qui aggiungiamo che lo stesso Farinacio cita la veglia, aggravata da successive modificazioni, col precetto "non habeatur nisi in vere atrocissimis ut laesa Majestate, assassiniis famosis et similibus" (De indiciis et tortura Ven. 1649 p. 348). Aggiungiamo ancora che Maurizio, malgrado fosse nobile, poteva essere sottoposto a tortura trattandosi di lesa Maestà, ed anzi a tortura più atroce, perchè "Nobilitas saepe auget delictum" secondo la massima del Gigante (De crimine les. Majest. Ven. 1588 fol. 67).
(34) Nell'originale "mascola". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
(35) 1.° Ne' Reg.i Curiae, vol. 46, (an. 1599-1601) fol. 10 si legge: "All'Audientia di Calabria ultra. Per alcune cause et degni rispetti moventi nostra mente ce è parso provedere et ordinare che D. Camilla morano figlia del q.m Barone di Gagliati di questa città di Catanzaro non sia amossa dal Mon.io di S.ta Chiara di detta città, dove al presente se ritrova per ordine di quessa R.a Audientia.
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