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      Vicino alla cassa, stavano il marito ed i figliuoli, un branco di figliuoli, (il più piccino era in collo al babbo,) e tutti davano alla mamma l'ultimo saluto. L'uomo le baciò la mano, la mano cara, che ora sembrava una foglia appassita, e prima s'era tanto affaccendata, tanto affaticata per tutti loro, piena di energia e di tenerezza. Grosse lacrime, amare amare, cadevano in larghe gocciole a terra; ma nessuno disse una parola. Il profondo silenzio all'intorno racchiudeva in sè un mondo di dolore. In silenzio, soffocando i singhiozzi, si allontanarono.
      C'era lì una candela accesa; la fiamma si agitava, mossa dall'aria; nessuno ne smoccolava il lungo stoppino fumoso. Entrò certa gente di fuori: misero il coperchio sopra la morta, e vi picchiarono i chiodi; i colpi di martello risuonarono nella stanza e per i lunghi corridoi, e penetrarono dolorosamente in quei poveri cuori sanguinanti.
      Dove mi meni?
      - domandò lo Spirito della casa fortunata: "Qui non ci stanno Fate, che abbiano perle da mettere tra i migliori doni della vita!"
      In quest'ora sacra, la Fata è proprio qui!
      - disse il buon Angelo, e additò il vano di una finestra. Là, quand'era in vita, stava la mamma, in mezzo ai fiori ed ai quadri, dinanzi al suo tavolino da lavoro; là, dov'ella stava come la benedetta fata della casa, sorridendo al marito, ai bambini, alle amiche, e della casa era il raggio di sole, il cuore, tutto il sostegno, là stava ora una donna straniera, con una lunga veste di seta. Era la Fata del Dolore, signora oramai della casa: era lei ora la mamma in luogo della morta.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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