La lettura non ne è facile come dell'elegante prosa del D'Annunzio e della lucida scuola degli Abruzzesi, ma è una prosa nutrita di studii e di forti riflessioni, che durerà, io mi lusingo, nel giudizio dei buongustai, più del tempo che dura una moda.
Ecco come il Bazzero vi dipinge le sue figure.
Dopo aver letto sono tubae il bando pasquale ai vassalli, l'araldo Guidello e il chierico Ingo, poco lieti delle mancie ricevute, si allontanano così:
E mossero giù dalla scalea della chiesa. La piazzuola della curie era deserta. Essi presero ad uscire dalla viuzza fiancheggiata dalle casucce dei montanari, oggi boscaiuoli, domani alle giornate d'armi, sempre poveri e sempre irosi. Intorno all'edera frusciavano con volo tortuoso le nottole; gli usci erano chiusi, gli arconcelli delle finestre lucenti di strisce rosse dal sotto in su, che venivano dai focolari posti in mezzo alle stanze; sullo sfondo si vedeva una montagna già sfumata nella nebbia del crepuscolo.
I nostri due procedevano silenziosi, e, benchè sotto la protezione del loro signore, pure affrettavano il passo e sulla punta dei piedi.
E l'uno calava il cappuccetto sulla testa tonsurata e nascondeva la pergamena sotto la tonaca, e l'altro storceva una mano all'indietro ad assicurarsi che la tromba non percuotesse coll'elsa della spada o col pugnale: e quegli guardava sospettoso le pieghe del drappo ventilante dallo strumento del compagno, come se da quelle dovesse uscirgli il malanno: e questi imprecava il calzolaio che aveva fatto pel chierico scarpe così disacconce per suolo sospettato.
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