Rispose il conte Dandolo, doversi quistioni siffatte non altrimenti discussare che da una commissione; e fece instanza acciò in sull'atto si procedesse alla nomina di commissari, e si dessero a questi almeno due giorni di tempo per bene investigare la cosa. Indarno i conti Veneri, Paradisi e Vaccari cerziorarono il senato che il vicerè con sua lettera aveva fatto abilità al duca di Lodi di convocare il senato semprechè le congiunture lo richiedessero; che per isbaglio unicamente, e non a bella posta, egli si era espresso in modo che pareva adoperare piuttosto qual capo dello Stato, che qual capo del governo; invano invocarono un comitato segreto: "Non usò mai il senato", rispose il Guicciardi, "di ridursi in comitato segreto". Inutili furono eziandio le loro instanze acciò il senato venisse a diffinitiva risoluzione nel giorno stesso. Stanchi alla fine di tante contradizioni, pregarono i senatori: avvertissero che l'armistizio non avea altro scopo che quello di aspettare l'esito delle pratiche da affidarsi ai deputati lombardi; badassero che nulla farebbe sostare le truppe austriache al di là del Mincio e fuori di Milano, se il senato non mandava suoi deputati a Parigi. L'esercito raccolto in Mantova aver già (aggiugnevano i conti Veneri, Paradisi ed altri) acclamato re d'Italia il principe Eugenio.
Il ricusare, dopo questi assennati e forti avvertimenti, di nominar deputati e di dar loro le necessarie instruzioni era tuttuno che dichiarare apertamente che le truppe austriache sarebbero le benvenute; ed un certo quale nazional pudore non concedeva in quell'epoca una confessione siffatta.
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