Ad ogni porta aveva collocato un grosso di soldati con artiglieria; e di là spingeva li assalti per i corsi più diritti e spaziosi che convengono al cuore della città. E quivi pure tennero i soldati per tre giorni tutti i principali edificii, il Duomo, i palazzi del Vicerè, della Giustizia, del Tesoro, del Municipio, del Comando Generale, del Genio Militare, molte caserme, e tutti li offici della polizia. In agguato sulle aguglie marmoree del Duomo, i cacciatori tirolesi ferivano qua e là per le vie, e perfino nell'interno delle case, li uomini e anche le donne. I quartieri a bella prima occupati dai cittadini non potevano dunque nemanco communicare fra loro; e quello in cui un caso fortuito aveva condotto il quartier generale, seguiva a mezzaluna le due vie del Monte e del Durino e nulla più. All'intorno erano vie larghe, poco popolose, epperò malagevoli a serrare e difendere, e aperte ai lontani tiri del nemico. Per tutta la prima notte, il quartier generale non era difeso verso Porta Nuova se non da due deboli barricate, e da una sessantina di giovani, che divisi in sezioni passarono la notte esercitandosi, armati, com'era forse la metà di loro, con fucili da caccia.
Si è fatto computo che in quella prima notte la città tutta non avesse a fronte del nemico più di tre a quattrocento fucili d'ogni sorta; poichè temendo che da giorno a giorno uscisse precetto di rassegnare le armi molti le avevano mandate in villa.
Al vedere il misero armamento della città, irrequieto e ansioso io sollecitava, durante la notte, li amici che vegliavano innanzi alla casa Vidiserti, a trasferire in sito men pericoloso il quartier generale; essendochè allo spuntar del mattino quel luogo, posto fra due strade come il palazzo municipale, sarebbe stato in egual modo assalito e preso, con quanti mai v'erano.
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