Nulla i processi provavano, ed eglino, temendo l'ira de' principi, le grida popolari, la vendetta degli accusati, macchinarono partiti estremi e disperati, cosicché a tutti, raccolti nel seguente giorno in magistrato, letto il messaggio del re, vista la necessità di spedire i referti, Vanni disse: - I processi, che sono tanti, almeno quanti gli accusati, voi vedrete compiuti nelle parti che agli inquisitori spettavano; manca per la pienezza la pruova antica, la tortura, che i sapienti legislatori prescrissero indispensabile ne' delitti di maestà, ed anche allora che le altre pruove soperchiassero. Così per legge, ne' casi presenti tanto più necessaria, perché incontrammo rei pertinaci al mentire o al tacere; promessa di comune silenzio chiude le labbra di que' malvagi, ma forza di giustizia e di tormenti snoderà la parola, da infame sacramento rattenuta. Io, nella qualità che il mio re mi ha concessa, d'inquisitore e di fiscale, dimandò che i principali colpevoli, cavaliere Luigi de' Medici, duca di Canzano, abate Teodoro Monticelli e Michele Sciaronne, sieno sottoposti allo sperimento della tortura, nel modo più acerbo prefisso dalla legge con la formola torqueri acriter adhibitis quatuor funiculis. Dopo del quale atto, compiuta la procedura, io dimanderò in nome del mio re quali altri esperimenti crederò necessari alla integrità delle pruove. Non vi arresti, o giudici, debole ritegno di martoriare que' colpevoli, che voi stessi a maggior martoro e più giusto condannerete, quando tra poco si tratterà non del processo ma del giudizio. - Ciò detto, levossi dalla seggia, e girando intorno il viso imperterrito, di pallore naturale ricoperto, con sguardi terribili come di fiera, soggiunse: - Son due mesi che io veglio, non di fatica su i processi, ma di affanno per i pericoli corsi dal mio re; e voi, giudici, vorrete sentir pietà d'uomini perfidi, che le più sante cose rovineranno, se gli aiuta fortuna, e non gli opprime giustizia?
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Vanni Luigi Medici Canzano Teodoro Monticelli Michele Sciaronne
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