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      Chi era? Lessi il nome di lei sul registro della locanda; era una bergamasca, sensale di nutrici (marosséra), non aveva nè casa, nè tetto; quei suoi cenci erano l'unico suo avere; quale vita avesse fin qui condotta, quale quella che le era riserbata tutto era oscuro intorno a lei; non s'era mai distinta nel male, forse aveva fatto anche un po' di bene a questo mondo, ma siccome di quello non si era accorta l'autorità, e di questo nessuno è incaricato di tener calcolo, così quella donna uscì dall'ignoto passato, viveva ignoto il presente, per rientrare nell'ignoto, come i miliardi d'atomi umani che sono dannati a pullulare e sparire sulla crosta di questo povero globo.
      Eppure quella femminuccia sarà stata un giorno un'innocente bambina, avrà avuto un padre o almeno una madre che l'avranno amata; giovinetta simpatica, se non avvenente, avrà vagato sui colli verdeggianti del bergamasco, avrà destato qualche passione, qualche affetto, o forse per sua sventura qualche capriccio; poi caduta, reietta, disprezzata, calò alla città per nascondere la propria colpa e per trovare i mezzi di trascinare la sua miserabile esistenza; eppure anch'essa ne' suoi sogni di vergine avrà desiderato uno sposo, una casa, de' figliuoli, nei quali rivivere, avrà precorso l'avvenire colla facile immaginazione giovanile e l'avrà fantasticato assai diverso di quello ch'esser doveva per lei, avrà sognato una vita di tranquillità, di pace, d'amore una vecchiezza onorata, rispettata, nè avrebbe mai più pensato di dover passare le sue notti aggirandosi di locanda in locanda, sola nel mondo, cenciosa, esosa agli altri ed a sè stessa, tale infine da non destar altro sentimento che di compassione misto tuttavia a schifo e ribrezzo.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124