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      Intanto l'altro capo-stanza ha radunato i carcerati, che hanno con sè denaro o ne hanno depositato presso il guardiano per fondo di sussidio, e ha esibita la merce. Se v'è alcuno, che si offre di comperarla, il capo-stanza rimanda la risposta. La merce insieme colla domanda viene spedita sempre per la stessa via. La si esamina si tira il prezzo, infine s'impiega una intiera giornata per concludere un affare di due lire. È questa una gradita occupazione per chi è condannato all'ozio. Se il compratore ha seco il denaro, questo viene dato al capo della cella, il quale lo spedisce al venditore detraendone una parte per tassa di mediazione. Se poi il compratore ha il denaro depositato per fondo di sussidio, allora l'affare si fa diversamente. Allora è necessaria la girata delle parti. Il compratore chiama un guardiano; questi apre el sfiandrin, finestretta tagliata nella porta stessa della carcere; il compratore gli ordina di porre a credito del capo dell'attigua cella la somma stabilita, sulla quale il mediatore ha sempre diritto di prelevare a proprio vantaggio una parte determinata. In altre carceri gli affari si fanno mediante la colomba, pezzo di cordicella, della quale si servono i prigionieri di una cella per comunicare con quelli d'un'altra. Nessuno dei concaptivi s'attenterebbe di impedire o di porre ostacolo a siffatte comunicazioni, quando non avvengono per conto proprio, anzi sono in ciò d'un mirabile accordo e con gran premura si prestano talora a mettere fra loro in comunicazione due individui l'uno dall'altro discostissimi.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124