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      Ma ti confesso (e perché dovrei io negarlo?) che nel mio paese non soffrirei molto volentieri le inutili novitá. Non nego io giá che molte utili cose noi abbiamo imparato e dal tempo, e dalle cure de' nostri sapienti, e dal commercio cogli altri popoli. Si dice che i primi nostri padri si cibassero di ghiande: oggi i nostri campi son coperti di biade. Quelli abitavano nelle grotte o in quei vuoti che le acque e la vecchiaia formavan ne' tronchi degli alberi: noi abitiamo case comode. Noi sappiamo far la guerra, ed anche in quest'arte molte utili cose abbiamo imparato dagli altri. Un sapiente tarantino ha prima di ogni altro scritti i precetti per render forti contro gli stranieri quelle cittá, che giá con altra arte si eran rese piú comode all'abitazione de' cittadini(155).
      Ma tu vedi che ogni novitá, che s'introduce in un popolo, tende a cangiare il suo costume; e, tostoché i costumi non son semplici, di rado gli uomini sono d'accordo. Bisogna che tutti convenghiamo nella virtú; che tutti convenghiamo in credere che gli iddii ci abbian data la vita per esser utili alla patria, per esser utili agli altri. Se tu vieni ad introdurre tra il mio popolo un nuovo costume che gli possa esser utile, tu sarai il benvenuto. Se tu m'insegnerai a far nascer due piante ove prima ne nasceva una sola, io dirò ai miei concittadini: - Siam grati a quest'uomo dabbene, il quale quella terra, che bastava appena a quattro, la fará bastare ad otto. Quando gli iddii sdegnati ci vorran punire con una carestia; avremo forse tanti infelici di meno, che non saran costretti a cercare la loro sussistenza in paesi deserti, seguendo l'orme degli animali selvaggi, come fecero tante volte i nostri padri.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772