Anzi dirò che più l'Autore si affatica a suscitare in noi un interesse storico, e meno ci riesce; perché niente più ci raffredda, quanto il vedere troppo scoperta e insistente l'intenzione di uno scrittore, massime quando vediamo quella intenzione fattizia mettersi a traverso delle nostre naturali impressioni.
Il romanzo storico, come lo concepiva Manzoni, non ci è qui, ed è bene che non ci sia. Ci è invece il vero romanzo storico, quale glielo fa incontrare il suo squisito senso d'artista. La storia è qui non la sostanza o lo scopo, ma la larga base, di dentro dalla quale esce alla luce la statua del pensiero e dell'immaginazione, una base non segregata e indipendente come un piedistallo, ma vera causa generatrice, il fondamento e il motivo occulto che mette in moto gl'inconsapevoli attori. Onde nasce quella fusione armonica della composizione, che desideri nelle sue tragedie storiche, dove la storia è dessa la sostanza e lo scopo, e rigetta dal suo seno ideali estranei invocati dall'immaginazione. Nessuno può dire che fine del racconto sia qui il ritratto della dominazione spagnuola, o in modo più generale una storia poetica del secolo XVII in Lombardia: se così fosse, non sarebbe un romanzo storico, ma una storia in veste di romanzo. Ed è invece un vero romanzo storico, perché la storia è qui un semplice materiale, a cui il romanzo dà la forma.
Lettori, ditemi in fede vostra, vi siete mai dato carico di ciò che è qui storia e poesia, di ciò che è inventato e ciò che è storico, de' confini che dividono questi due generi?
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Autore Manzoni Lombardia
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