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      Non ho dissimulata l'obbiezione, essa contiene in sè la risposta: noi non possiamo vincere il dubbio, non possiamo trovare un criterio del vero, non possiamo sciogliere alcun dilemma critico; quando un dubbio ci arresta, non ci rimane altro se non d'investigare se il dubbio sia critico o positivo. Lasciando a chi vuole la cura di sciogliere il dubbio critico, pretendiamo di evitarlo, di sottrarvici, come lice quando si dà un'apparenza positiva a un ragionamento critico. Qual'è dunque l'accusa che vien mossa? traducesi nella sola frase: la vostra verità non è vera, perchè variabile, perchè dimani sarà falsa, perchè anche dimani direte vero relativamente ad oggi, ciò che dimani dichiarate falso, perché dichiarate vero nell'antichità il paganesimo oggi da voi detto erroneo. Or bene, traduciamo la traduzione in parole scientifiche; l'accusa si ridurrà ad accusarci di ammettere il variare della natura, il fallire dell'uomo. Non havvi risposta; il vero e il falso, la fallibilità e l'infallibilità sono termini che, messi alle prese, generano una contraddizione astratta, senza uscita veruna; nel fatto non ci toccano, non ci commovono: l'insetto vive credendo eterna l'estate, noi viviamo come se fosse eterno l'ambiente in cui siamo. Nè havvi filosofo o teologo che valga a fermare l'alterarsi delle cose, il fallire dell'uomo. L'obbiezione esposta è una mera ribellione della logica; deve essere compressa, soggiogata dalla rivelazione. In presenza della realtà, non dobbiamo trattare del possibile e dell'impossibile; il sistema attuale è figlio della rivelazione; accettato, divien vero di quella verità relativa che trascina seco i filosofi e i popoli, scansando così tutti i dilemmi del vero e del falso.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693