Va sans dire, che costui morì poco appresso a causa dell'avvelenamento del sangue, che gli produsse la cancrena sviluppatasi soltanto dopo l'applicazione delle catene. Del resto la vita di un condannato è tenuta in così poco conto, che i malati non sono mai assistiti. I moribondi che dovrebbero essere trasportati in una sala a parte, sono lasciati invece nella infermeria comune, senza che nemmeno un riparo qualsiasi serva a sottrarli pietosamente alla vista degli altri condannati.
Quando l'agonizzante ha cessato di vivere, lo si copre con un drappo nero, indi vien trasportato nel vestibolo di dove poi, con tutto comodo lo fanno passare al deposito mortuario. Durante il trasporto, presso alla lavanderia, vengono tolti al cadavere i suoi indumenti e lo si lascia tutto nudo un po' più lontano. È uno spettacolo macabro che può essere osservato quasi tutti i giorni dalle finestre dell'infermeria.
I malati colpiti da affezioni nervose - e sono innumerevoli - portano le catene anch'essi, rimanendo nelle stesse celle cogli altri oppure vengono rinchiusi nelle segrete ove la luce manca completamente di notte e si può dire anche di giorno. L'assistenza medica a questi infelici consiste nelle continue imprecazioni e brutalità del carceriere, il quale camminando in sù ed in giù pel corridoio, grida continuamente al detenuto: «Non far rumore! Vuoi smettere di lamentarti? Vuoi che ti dia un pugno sulla faccia?» Oh! state pur certi, che se non tace a tempo, non sarà un pugno solo che l'infelice riceverà in pieno petto, ma una serie di violenze incredibili e inumane, di cui noi non abbiamo un'idea.
| |
|