Il D'Elci ha scritto Epigrammi e Satire in ottava rima; egli per il solito chiude le sue ottave in un modo che è spesso più impepato de' suoi Epigrammi medesimi. Eccone qualche esempio. Parlando di una brutta che ha tutto finto, dice che cambia gli ossi in polpe, la pelle nera in bianca, accresce i suoi rari capelli con trecce di Parigi; insommaStraniere membra usurpa, e scrive ai Franchi
Che ricevè le ciglia e aspetta i fianchi.25
Ursino è uno spirito forte, il quale è ateo da sano, credente da infermo:
Empio finch'è robusto, infermo è pio:
Saprò dal polso quando crede in Dio.26
Questo modo è attissimo a tener desta l'attenzione del lettore; si sta sempre aspettando la chiusa dell'ottava per avere, per così dire, lo zuccherino. Peraltro, siccome di zuccherini non si può vivere, così alla lunga quello stile diviene quasi nauseante.
Ma quegli che più in alto avea già condotto la satira civile fu Giuseppe Parini col suo poema intitolato Il Giorno. La maestosa armonia di que' versi, le cose più futili espresse ad arte con comica serietà, le cose più triviali sempre vestite con squisita eleganza, lo sdegno onesto e direi quasi amoroso, un'ironia che dura cinquemila versi e non stanca, e soprattutto gl'intendimenti alti, liberi, generosi, invitano gl'Italiani a collocare il Giorno in cima ad ogni altro componimento di questo genere. Un popolo che non sente la schiavitù, giudica del merito di un libro dal diletto che reca; un popolo che vuol farsi libero, dal bene che fa.
Mostrate in succinto le svariate vicende della satira nel paese nostro, vediamo come il Giusti uscendo dalla famiglia ed entrando nella patria, flagellando non i privati ma i pubblici vizi, seppe farsi creatore e principe ad un tempo della satira politica.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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