Le donne ci accarezzano infanti, ci nutrono, ci educano ai piaceri e ai dolori della vita, e quando ce ne dipartiamo raccolgono i nostri ultimi sospiri. Inabili forse ai pubblici affari, perchè natura le volle aliene dall'ire e dai tumulti, pochi le pareggiano nelle cure domestiche, nessuno nella soave bontà, nel pietoso e malinconico abbandono del cuore. Quando Iddio trasse la compagna dell'uomo dal petto di lui, che è sede degli affetti, manifestò l'alto suo intendimento che assegna a questo essere gentile il dominio delle miti affezioni. È per questo che noi tutti da fanciulli, mentre ascoltiamo con amore tacito e reverente il consiglio paterno, non possiamo difenderci da un vivo slancio d'affetto che pronti e confidenti ci riconduce al seno della madre. Questo nell'adolescenza con ignoti sospiri ci allontana dai vani trastulli, dai giochi oziosi e turpi, e c'insegna il disinteresse, la mutua bontà, le care illusioni e i sogni beati dell'amore; questo nei giorni che ci sono concessi a vivere, ci fa lieti di fedele compagnia; questo ci arricchisce di mille gioie ineffabili, e di bella e dolcissima figliolanza.
Ma se alla donna spetta un ufficio di tanto amore, all'uomo è imposta la guida e la tutela di lei in questo breve e dubitoso cammino, ed è all'uomo che debbono imputarsi i traviamenti e i pericoli e i danni di lei. Di fatto noi veggiamo questo essere soave ed angelico doventare oggetto di affanno e di orrore ogni qual volta guasto da una mala educazione s'invia nel mondo a partecipare dei beni e dei mali della vita, o lasciato a sè stesso, o angariato dalle torture di una vigilanza che addolora ed offende.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Iddio
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