Goderai questa bella stagione in campagna fra le dolcezze della famiglia: io pure sono qua a fare altrettanto, e oramai mi tratterrņ fino al tempo che dovrņ accompagnare mia sorella a Arezzo. Poche e quasi solitarie sono le gioie che godo, ma dolci e serene, per quanto č dato a noi, razza biliosa e irrequieta. Cerco di non perdere il tempo affatto, ma chi sa? Pure le ore mi passano e non all'osteria.
Non so dirti ancora nulla di positivo intorno a ciņ che riguarda Orlandini. Bado a dire che l'hanno a fare con persona che si paga ma non si compra: del resto, se la strighino fra loro.
71.
A Massimo D'Azeglio.
Firenze, 27 agosto 1841.
Mio caro Azeglio.
Vi ringrazio: m'avete commosso, esaltato, confortato l'animo. Bravo, non sono asmatiche declamazioni da tribuna e da muricciolo (che oramai somma lo stesso, grazie ai pagliacci), non sono cervelloticherķe di cannibali spiritati che calunniano i tempi e la gente per solleticare le furie della marmaglia invasata, e per isbizzarrirsi dell'indole di macellaro; ma sono naturali e schiette espressioni d'affetti veri, sono cose sentite e vedute, immagini sante e forti che scuotono la mente vivificandola; racconti di sventure atroci, amare; ma perdio almeno si respira, almeno s'incontra un amico, si legge una parola di refrigerio e di speranza.
Non ve lo dico per dire, ma perchč l'ho provato: dopo la lettura del vostro libro ho sentito il bisogno, proprio il bisogno di rivedere i nostri grandi rottami della gloria di quel tempo; mi sono aggirato per queste vie con un sentimento d'alterezza e di fiducia non mai provato fin qui, e mi sarei strappati di dosso questi cenciucciacci ridicoli, degna buccia d'anime di sughero.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Arezzo Orlandini Massimo D'Azeglio Azeglio
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