Io ho veduto il sonnambulo, ho veduto il maniaco, ma non vive cosa nel mondo che possa uguagliare l'orrore che ispirava costui.
Con gli occhi sempre fissi al soffitto, si volse a un tratto verso il tabernacolo: brancolando per lo interno, pervenne a trovare un bottone appena visibile, lo spinse, e si manifestò certa apertura dalla quale trasse una cassetta nera sottilmente ornata di lavori di argento. Ricercandosi poi sotto le vesti, rinvenne la chiave: la sua mano, adesso divenuta fuori di misura paralitica, errò assai tempo prima di trovare il serrame: trovatolo, applicò la chiave, lo schiuse, e la cassetta aperta lasciò vedere un teschio umano politissimo, con estrema diligenza conservato. Lo prese costui con ambedue le mani, e, postolo sulla tavola del tabernacolo, lasciò con dura percossa cadersi prostrato innanzi di quello, tenendo la faccia sempre vôlta al soffitto, e le braccia incrociate in atto di preghiera.
Era certamente trapassata un'ora ch'ei stava in questa posizione, quando, abbassato il capo, si mise a riguardare fissamente il teschio. I suoi occhi prima velati ardevano adesso di terribile luce; bentosto si fecero rossi, scintillanti, ma non versarono lagrima; forse la sua disperazione aveva esaurito anche questo ultimo conforto della sciagura. Le sue labbra anelavano proferire parola, ma non potevano mandar fuori che urla indistinte. Mi sia permesso il detto, questa era l'ora dell'uracano dell'anima. Commozioni tanto profonde, come ogni altra cosa fuor di natura, lungamente non durano; simili però all'uracano, lasciano dove passano traccie indelebili, e le sembianze affatto tramutate.
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