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      I tre fratelli dicono: - «Che si ha a fare?»[2] - Dicono i due maggiori: - «Facciamo le parti di questa roba, perchè noi si vole andare a girare il mondo.» - Dice il minore: - «Andate, ma io non ci vengo, io rimango con la me' gattina.» - I fratelli maggiori vanno via e quest'altro piglia la gatta[3] e se ne fugge in una cantina. Quando gli è sul mezzogiorno, la gattina: - «Aspettami, or'ora vengo» - la dice. La va via e gli porta una bona minestra, un bel pezzo di lesso, un pezzo di pane e un pochino da bere. E questo ragazzo mangia e la gattina la gli dice di bel novo: - «Aspettami, ora ritorno.» - Poco distante da questa cantina c'era il palazzo d'il Re. La gattina principia a gnaulare: urli! gnau! ma urli! La servitù: - «Che hai tu, gattina?» - «Mi fareste la carità» - dice - «il mio padrone gli è cascato in un fosso, di darmi un vestito?» - «Volentieri» - dicono. Vanno e gnene danno. Dopo, poi, il giorno, la va e gnene riporta e li ringrazia. Dice uno della servitù: - «Dimmi, gattina, chi è egli il tuo padrone?» - «Un gran signore» - dice questa gattina. Dunque Maestà voleva sapere chi gli era. Un altro giorno la gattina la gli dice al ragazzo: - «Aspettami.» - Ogni giorno la gli portava da mangiare, la stessa minestra, lo stesso lesso, lo stesso pane e un pochino da bere. - «Aspettami qui; or'ora ritorno.» - Principia a gnaulare, più che di quel giorno, ma urli! - «Gnau! gnau! gnau!» - «Che vuoi, poerina, icchè tu hai?» - «Fatemi il piacere» - dice - «di prestarmi lo stajo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestà