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      Quando, nel meglio della nostra quiete, un mirabil pesce, de potere oltra misura, inuilito forse per l'aspra guerra e bombardare (cosa inusitata, e da quello mai pių compresa) pose il mostaccio e tutta la testa, sotto il uentre del nostro, che dormia, et con gran prestezza dall'acqua in aere sbalzando eleuollo. Questo, compreso e dal dormir remesso, le ampie ale stende, l'accorto hospite sostiense in quelle, et retarda suo peso, che cala, non in mare ma in terra, senza incommodo de corpo, lontano assai del lito. Priuo dunque del sussidio marino, piegō la testa, sotto del gran uentre, poi quella coperse tutta delle ale, e intorno colla coda circongirolla. Trascorsino li giorni, e, per il caldo del sole, desiccosse il grosso corio e diuenne scorza dura. Il caldo dentro uigorato fece sua opra, e, come gionse la luna nel destro trino, sfessesi per longo nella parte suprema, per la qual drago alato, grande e fulminante fora cacciosse. Cosė con piedi per la terra, con le estense ale per aere, ad ogni suo piacere (audace e forte sopra tutte cose) non restaua da parte in parte il mondo cercare. Vn giorno, discorrendo, nelle montagne e spelonche di dragoni peruenne. Questa č una regione, Dragonara appellata, perchč li draghi (e non altri) iui stanno, grandi e superbi, molto rabidi e insidiosi. Quando l'han uisto, uniti tutti a gran furore il nostro insultano, con sibili orrendi, crudi morsi e dispietato sgrafognar de ongie, ma non che restassero aspramente battere anchora con le code.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Dragonara