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      Non andare nella selva.» - Il secondogenito però non gli diede ascolto, e partì verso la selva assieme al cane, e con la lancia e lo stioppo. E costì a lui pure gli accade tutto quello, che era accaduto al primogenito; e rimase anche lui nella grotta trasmutato in istatua di marmo. La Principessa, non vedendolo tornare, lo tenne per perso; e la città daccapo si vestì a bruno per comando del Re. Nella casa paterna, intanto, dei tre fratelli, anche la boccetta del secondogenito si sturbò. E il terzogenito non frappose indugio; ma, sellato il cavallo, vi montò sopra; e, detto addio al padre e alla madre, partì a ricercare i due suoi fratelli. Prese con seco anche lui il cane, la lancia e lo stioppo. Cammin facendo, sempre chiedeva notizie, dicendo: - «C'è passato di quì due compagni a me?» - E tutti rispondevano: - «O perchè fate sempre la stessa domanda? Che siete matto?» - In questo modo, capiva, che i suoi fratelli avevano tenuta la medesima strada. Giunto alla città, venne accolto con gran festa e menato dal Re: e al solito, per la gran somiglianza, tutti lo sbagliavano pel primogenito. Andato poi a letto colla Principessa, si finse stracco e dormì sovra una sponda. La mattina, a levata di sole, il terzogenito si affacciò alla finestra, e, vista la selva, disse alla Principessa: - «Voglio andare a caccia laggiù.» - La Principessa diede in disperazione e gridava: - «Dunque proprio tu vuoi andare in perdizione? e finirai con farmi morire di paura.» - Ma il terzogenito non si commosse, avendo fissato in core di ritrovare a ogni costo i proprî fratelli.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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