Difatti, la disuguaglianza del benessere tra gli uomini deriva da mere condizioni accidentali. Dunque, se io posseggo beni di fortuna li debbo a quelle circostanze che han favorito me o chi mi ha preceduto, e però devo pensare anco alla società di cui sono membro.
Si eccita l'invidia in un fanciullo avvezzandolo a stimare sè stesso giusta il valore degli altri. Egli deve, al contrario, stimar sè giusta le idee della sua ragione. Cosi l'umiltà vera e propria è un confronto del nostro valore colla perfezione morale. La religione cristiana, per esempio, comandando agli uomini di paragonar sè medesimi al modello sovrano della perfezione, li rende umili piuttosto che insegnar loro la umiltà. Far consistere l'umiltà nello stimar sè meno degli altri è assurdo. - Vedi come questo o quel fanciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar così ai fanciulli non è certo il modo d'inspirar loro nobili sentimenti. Quando l'uomo stima sè, giusta il valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di abbassarli. Il secondo caso è proprio dell'invidia. Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri; solo a questa condizione si regge al confronto, e si riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato non bene produce l'invidia. Quando volessimo persuadere alcuno che una cosa è fattibile, qui l'emulazione potrebbe giovare: come, puta caso, quando esigo da un fanciullo un certo còmpito e gli mostro che altri han potuto farlo.
A un fanciullo non va permesso di umiliare gli altri in qualsiasi modo.
| |
|