Che dire anche del prezzo al quale si acquista il benessere relativo di alcune categorie di operai? Imperocchè ben lo si ottiene questo benessere, ma a costo della rovina dell'agricoltura, a costo dello sfruttamento più sfacciato del contadino, a costo della miseria delle masse. Di fronte a questa lieve minoranza di lavoratori che fruiscono di una certa agiatezza, quanti milioni di esseri umani vivono giorno per giorno, senza salario sicuro, pronti a recarsi dove li si richiederà; quanti contadini lavorano quattordici ore al giorno per una magra pietanza! Il capitale spopola le campagne, sfrutta le colonie e i paesi, la cui industria è poco sviluppata; condanna l'immensa maggioranza degli operai a rimaner privi di educazione tecnica, mediocri nel loro stesso mestiere. Lo stato florido di un'industria lo si paga costantemente colla rovina di dieci altre.
E questo non è un accidente, ma una «necessità» del regime capitalista. Per essere in grado di retribuire alcune categorie di operai, «bisogna» oggidì, che il contadino sia la bestia da soma della società; «bisogna» che la campagna sia disertata per la città; «bisogna» che i piccoli mestieri si agglomerino negl'infetti sobborghi delle grandi città, e fabbrichino quasi per nulla i mille oggetti di poco valore, che mettono i prodotti della grande manifattura alla portata degli acquirenti del salario ridotto: perchè la cattiva stoffa possa essere esitata per vestire i lavoratori miseramente retribuiti, occorre che il sarto si contenti di una mercede miserabile.
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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna 1948
pagine 282 |
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