Il Musulmano ama la donna, come ben notō una signora di grande ingegno, alquanto pių della sua pipa, e un po' meno del suo cavallo. Il Profeta gli ha raccomandato di tenerla in conto di fragrante e leggiadro fiore, ed egli la tiene in conto di fragrante e leggiadro fiore; la vagheggia, la carezza nell'orto romito, lungi da sguardi curiosi; la uccide talvolta per gelosia, la lascia, la dona, la cambia, la compra, la vende.
L'Italiano, per lo pių, tiene la donna chiusa in casa, e non la vede volentieri uscir sola. Una volta esaltava fra le sue principali virtų quella di starsene a filar da mattina a sera; ora confessa che le macchine fanno meglio del fuso, della conocchia e dell'arcolaio; la pregia del saper ben rattoppare un vestito, rammendare una calza ed attaccare un bottone, prezioso aiuto quando il bottone si strappa sul punto d'uscir di casa per qualche grave faccenda: desidera per giunta che ella sappia scrivere per ben tenere la lista del bucato, ma la esonera dalle regole dell'ortografia, la dispensa dalla lettura, non ama che si diverta nč con buoni nč con cattivi romanzi, non vuole che si dia pensiero di politica, e tanto meno di studi scientifici. Se ha una bella voce o due agilissime gambe, č un altro paio di maniche: le concede di guadagnare cento mila lire l'anno in pro del marito, del padre, del fratello, dei cognati e dei cugini di ogni grado.
Il primo Napoleone stimava la miglior donna quella che fa pių figliuoli; anche un tal merito, il solo che il sommo conquistatore consentisse alla donna, non suole apparire sempre tale agli occhi del marito.
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