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      Ci ha molte cose che gli Ateniesi chiamano come tutti gli altri uomini; ma essi soli dicono infausto un giorno funesto, infelice, feriato, scellerato, e come te. Ed ecco come di passaggio imparasti che significa per essi un giorno infausto: quando nè i magistrati trattano faccende, nè i tribunali sono aperti ai giudizi, nè i templi ai sacrifizi, nè insomma si fa niente di prospero, quello è giorno infausto. Quest’uso è per varie cagioni; o per grandi battaglie perdute, e poi si stabilì che in quei giorni nei quali si ebbe quella sventura, ci fosse feriato, e non si trattassero affari: o pure.... ma forse è fuori stagione e troppo tardi voler ficcare queste cose in capo a un vecchio, che non sa neppure le altre prima di queste. Forse dirai che ti rimaneva questa parola sola; e che se l’impari, saprai tutte le altre. - Sì? e come? Se anche tu non conoscessi le altre che sono fuori dell’uso comune e sconosciute al popolo, potria passare; ma questa parola infausto, neanche volendo, puoi dirla diversamente; perchè è unica, e sola, e comunissima a tutti. - Sia pure, dirà alcuno; ma delle parole antiche alcune sono da dire, ed altre no, chè non si usano comunemente, per non confondere chi ci ascolta, non ferire gli orecchi di chi conversa con noi. - È vero, o gioia, io sbagliai a dire di te quella parola: doveva, sì, doveva parlarti nel volgare de’ Paflagoni, de’ Cappadoci, o de’ Battri per farmi intendere da te, e piacere agli orecchi tuoi, ma con gli altri Greci, credo, bisogna parlare in lingua greca.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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