Poi che sonai, ed era notte, e già ora di andare a letto, ed esse erano ubbriache: Via, o Lena, disse Megilla, è ora di dormire, corcati qui con noi, in mezzo a tutte e due.
Clonetta. Ti corcasti già: e poi che avvenne?
Lena. Mi cominciarono a baciare come fanno gli uomini, non solo attaccando le labbra, ma aprendo un poco la bocca, e mi abbracciavano, e mi titillavano i capezzoli, e Demonassa mi mordeva ancora mentre mi dava baci. Io non poteva capire che volevano fare. Indi a poco Megilla essendosi riscaldata, si toglie del capo una parrucca, che non le pareva ed era capelli naturali, e resta con la testa rasa come una mano, come l’hanno i più robusti atleti. Io mi spiritai a vederla, ed ella: Hai veduto mai, o Lena, un così bel giovanotto? - Io non vedo, dissi, qui giovanotto, o Megilla. - Ed essa: Non mi fare femmina, chè io mi chiamo Megillo, e già sposai questa Demonassa, ed ella è moglie mia. - A questo, o Clonetta, io mi messi a ridere, e risposi: Tu dunque, o Megillo, eri uomo, e noi nol sapevamo, e come dicono d’Achille, ti nascondevi sotto gonna di donzella. Ed hai quello dell’uomo? e fai a Demonassa quel che fanno gli uomini? - Quello proprio, o Lena, non l’ho, rispose; ma non ne ho bisogno, e vedrai che fo in un modo particolare, e molto più dolce. - Ed io: Sei tu forse un Ermafrodito, di cui si dice che ne sono tanti, che hanno l’uno e l’altro? - Perchè io, o Clonetta mia, non sapevo ancora che faccenda era quella. - No, diss’ella, io sono uomo schietto. - Mi ricorda, soggiunsi io, che Ismenodora di Beozia la sonatrice di flauto contandomi le cose del suo paese, mi diceva come in Tebe ci fu uno che di femmina diventò maschio, ed era un grande indovino, e se non erro si chiama Tiresia.
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