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      Ora qual materia a tal uopo più acconcia e più durevole potea offerirsi alle popolazioni nomadi della Sardegna in quei tempi di tanta semplicità, se non l'ammasso delle grosse pietre sparse nella campagna, od accumulate talvolta dai pastori per sgomberare le praterie? Di non dissimili monumenti giovavansi gli antichi patriarchi ogni volta che voleano perpetuare qualche rimembranza. Allorquando Giacobbe strinse con Labano il suo accordo, tolse egli una pietra, e dopo averla innalzata, ordinò agli astanti ne portassero altre, e formatone quindi un cumulo disse: questo monticello e queste pietre servano di testimonianza fra te e me" [11] . Così la memoria più cara all'uomo, quella della sua fama dopo morte, assicuravasi nel modo istesso col quale in quei primi secoli si guarentivano gli interessi maggiori della vita.
      Alcuni usi potrebbero anche oggidì notarsi che discorsero per avventura dal soggiorno in Sardegna di popoli orientali, od almeno dalla vita pastorale degli antichi coloni dell'isola; giova tuttavia in sì grande distanza di tempi fermarsi in epoche meno lontane. Ecco come Strabone [12] descrive alcuni degli abitanti di Sardegna dei tempi suoi: Quattro schiatte di montagnari vi esistono, i Tarati, i Sossinati [13] , i Balari e gli Aconiti, abitatori tutti di spelonche: non seminano i loro campi, o ciò fanno a malincuore, ed i più diligenti vicini depredano; i pretori con istento li comprimono, difesi essendo dal clima micidiale, e colgono per sorprenderli l'occasione delle fiere che celebrano per trafficare delle loro prede". A questo quadro della vita pastorale dei Sardi degenerata in barbarie, può contrapporsi il seguente della vita pastorale nobilitata dall'indipendenza.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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