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      - Diavolo! questo capriccio mi vuol costare! Che Ebreo! Vediamo... le ho: ma ho promesso al mercante... via lo farò tacere. Eh! ma con costui non si scherza: se prometto, bisognerà pagare. E pagherò:... frate indiavolato, te le farò tornare in gola... Lucia la voglio... Si è parlato troppo... non son chi sono... - Fatta così la risoluzione, si rivolse al Conte e disse: «Dugento doppie, signor Conte, l'accordo è fatto».
      «Cinque e cinque, dieci», rispose il conte. E questa, se mai per caso la nostra storia capitasse alle mani di un lettore ignaro del linguaggio milanese, è una formola comune, che accennando il numero delle dita di due mani congiunte, significa l'impalmarsi per conchiudere un accordo. E nell'atto di proferire la formola, il Conte stese la mano, e Don Rodrigo la strinse.
      «Le darò», disse Don Rodrigo, «uno dei miei uomini, che conosce benissimo la persona, e starà agli ordini di Vossignoria...»
      «Non fa bisogno», rispose il Conte del Sagrato: «mi basta il nome», e qui cavò una vacchetta sulla quale sa il cielo che memorie erano registrate, e fattosi dire un'altra volta il nome e il cognome della nostra poveretta, lo scrisse, e notò pure il monastero.
      «Ma non vorrei che nascessero abbagli».
      «So quel che posso promettere», rispose il Conte, il quale coglieva ogni destro di dare una idea inaspettata del suo potere e della certezza dei suoi mezzi.
      «Certo», replicò Don Rodrigo, «pel Signor Conte non v'è cosa impossibile».
      «Ad un mio avviso, ella mandi persone fidate con le dugento doppie, e la persona sarà consegnata».


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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