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      A me conviene dunque un contegno e un linguaggio particolare; lasciate ch'io faccia oggi la mia parte; approvate che io vada ad implorare un perdono da quella innocente, ch'io mi umilj dinanzi a lei, che le confessi il mio orribile torto, e che riceva dalla sua bocca innocente dei rimproveri che non saranno certo condegni alla mia iniquità, ma che serviranno in parte ad espiarla».
      Federigo intese con gioja questa proposizione; e pel Conte a cui questo passo sarebbe un progresso nel bene e una consolazione nello stesso tempo; per Lucia, alla quale lo spettacolo della forza umiliata volontariamente sarebbe un conforto, un rincoramento dopo tanti terrori, e pel trionfo della pietà, e per l'edificazione dei buoni; e finalmente perché una riparazione pubblica e clamorosa attirerebbe ancor più gli sguardi sopra Lucia, e sul suo pericolo, sarebbe una più aperta manifestazione del soccorso che Dio le aveva dato, la renderebbe come sacra, e così più sicura da ogni nuovo attentato dello sciarrato suo persecutore. Approvò egli adunque con vive e liete parole la proposizione, e aggiunse: «Dite: dite se l'offesa la più ardentemente bramata, la più lungamente meditata, la meglio riuscita reca mai tanta dolcezza quanto una umile e volontaria riparazione?»
      «Ah! la dolcezza sarebbe intera», rispose il Conte, «se la riparazione potesse esserlo; se il pentimento, se l'espiazione la più operosa, la più laboriosa, potesse fare che il male non fosse fatto, che i dolori non fossero stati sentiti».
      «Ma v'è ben Quegli», rispose Federigo, «che può far di più; che può cavare il bene dal male, dare pei dolori sofferti il centuplo di gioja, fargli benedire a chi gli ha sofferti.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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