Sarei morto la morte dell'eroe.
Dell'eroe?
Ma il suo passato anarchico, le convinzioni politiche, le sue antiche persuasioni? No, non sarebbe morto da eroe ma piuttosto da pazzo, da seduttore o da sedotto; certo da uomo che non aveva recato vantaggio ma grave danno all'umanità.
Meglio, molto meglio essere ancora in vita.
Volle allargare il braccio per chiudere la conduttura elettrica e per fare luce nella stanza. Era sempre molto mattiniero; ma poi pensò:
- È l'ultimo giorno della mia vita. Vale la pena alzarsi e mettersi allo studio, al lavoro? Studiare? Che cosa e per chi? E lavorare? Aveva scritto il suo testamento politico; aveva disposto di ogni suo avere; aveva già confezionato le bombe e quel giorno, gettandole, avrebbe recato il maggior servizio alla patria, all'umanità. Voleva godere, per qualche istante ancora, le dolcezze del letto.
Vere dolcezze, che gustava di nuovo, dopo anni, proprio oggi, nel giorno del suo eroismo e forse della sua morte. Già, della sua morte, perchè egli ha da gettare le bombe; le getterà in chiesa e, se ben ci pensa, le getterà in modo da venir sconvolto anche lui dalla rovina e da morire assieme alle sue vittime. Il partito anarchico locale ha bisogno di un martire ed egli sarà questo martire. Il suo ricordo servirà agli altri di sprone alla propaganda anarchica, li persuaderà d'imitarne l'esempio, di fare la rivoluzione sociale; e poi egli non vuole dare a questo maledetto governo borghese il gusto di catturarlo e di condannarlo. Temeva che i giudici lo avessero dichiarato irresponsabile oppure avessero chiesto una perizia medica; che lo avessero sottoposto a lunghi esami minuziosi, a misurazioni di cranio, a studi del suo angolo facciale, delle protuberanze del suo cervello e lo avessero umiliato così negli occhi delle masse.
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