Ricadde gemendo.
L'idea di dover morire solo, lungi da' suoi cari senza il conforto d'uno sguardo pietoso, d'una parola amica, senza neppur soddisfare un certo desiderio che l'anima leale gli aveva in quell'estremo momento suggerita, richiamò sul suo ciglio una lagrima, su quel ciglio che sarebbe rimasto asciutto ai soli tormenti d'una dolorosa agonia.
Quand'ecco lo sguardo fissa in un pezzo di carta che giace a pochi passi da lui discosta; un lampo di mesta gioja brilla ne' suoi occhi; vincendo dolori atroci con sforzi inauditi si trascina verso il foglio e lo ghermisce con mano tremante; indi con un legno ch'egli intinge nel proprio sangue vi scrive sopra poche parole.
Le forze lo abbandonano e si lascia cadere spossato.
Si diffonde sul suo volto una tinta verdastra, le labbra gli divengono paonazze, gli occhi di piombo ed uno scrollo convulso commuove le di lui membra.
Era l'anima che gli usciva dal corpo.
Un giovane contadino cantarellando l'usata canzone attraversa il bosco recandosi allegro al lavoro del campo.
Il sentiero ch'ei percorre lo conduce sul luogo funestato dal terribile duello ed egli vede l'ufficiale in terra immerso in un lago di sangue.
S'arresta inorridito il contadino. Il suo primo moto è di paura, indi di compassione; getta allora i rustici arnesi che porta in ispalla e si china sul cadavere.
È confuso, incerto sul partito da appigliarsi, allorquando una carta segnata di rosso che stretta tiene il morto fra le mani attira la di lui attenzione.
Fa per impadronirsene ma un senso di ribrezzo e fors'anco di timore lo arresta; mal si sa risolvere, finalmente la curiosità lo vince e protendendo risolutamente le mani strappa dalle dita contratte la carta desiderata.
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