Fra le zare di vino d'uva, che erano tutte di quella terra come ambra nera, ve ne era una di vetro cristallino, con una coppa grande pur cristallina, tutta indorata, e un'altra coppa grande d'argento tutta lavorata a smalto, con quattro pietre finissime che parevano safiri incastrati in quella in un caston quadro, con molti rubini intorno: e questa coppa era molto bella e ricca.
Come noi avemmo mangiato a nostro piacere, ci mandò a dire il Prete che noi dovessimo cantare e ballare e pigliar piacere a nostro modo. Subito li nostri cominciarono a cantar canzoni in un clavocimbalo che avevamo portato con noi, e dipoi cantammo canzoni di balli di villa saltando. Erano dentro con noi nella tenda alcuni paggi del Prete e ne affermavano, e cosí ancora noi sentivamo, che egli era di fuori, venuto solamente per udirne e sentire quello che facevamo: e perciò fummo advertiti che non passasse fra noi cosa che non fusse onesta. In questa sera ne mandò XXV candele delle grandi di cera bianche, e un candelliere di ferro, e un bacino grande di ottone nel quale si metteva detto candelliere, che aveva tanti luoghi da mettervi dette candele quante elle erano. Sonammo e ballammo cosí tanto che era passato tanto della notte che, tornati a casa, non passò molto che si vidde l'aurora da ogni parte.
Come il Prete mandò a chiamar l'ambasciadore con tutti li suoi,
e di quello che parlarono nella chiesa grande.
Cap. CI.
Alli XXVIII di gennaio volse che noi andassimo nella chiesa grande, e ci fece porre dinanzi alle sue cortine, che erano sopra lo spazio degli scaglioni che sono apresso la porta principale.
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