Mi mostrò una villa che era in una montagna, che diceva esservi gran moltitudine di gente e di mala sorte, che faceva a coloro continua guerra, che, essendo senza signore e abitando quel luogo deserto, dove si raccoglieva poco maiz, descendeano alla pianura a pigliarlo a baratto di pelle di cervo, delle quali andavano vestiti, con veste lunghe, le quali tagliavano con rasoi e le cucivano con aghi fatti d'osso di cervo; e che aveano le case grandi di pietra. Io li domandai se quivi v'era persona alcuna di quel paese, e trovai una donna che portava un vestimento come una mantellina, che le pigliava dalla cintura fino in terra, di cuoio di cervo ben concio. Gli domandai poi se la gente che abitava la riva di quel fiume stava sempre ferma quivi, o pur a qualche tempo andava a viver altrove; mi rispose che di state facevano l'abitazione quivi e vi seminavano, e fatto il raccolto se n'andavano ad abitar ad altre case che avevano alla falda della montagna, lontani dal fiume: e m'acennò che le case erano di legno, interrazzate dalle parti di fuori, e seppi che facevano una stanza tonda dove dimoravano tutti insieme, uomini e donne. Lo domandai se essi avevano donne a commune; mi disse di no, che colui che si maritava aveva da tener una sola moglie. Volse intender l'ordine che teneano nel maritarsi, e dissemi che, s'alcuno aveva qualche figliuola, se n'andava dove era la gente e diceva: "Io ho una figliuola da maritare, ci è qui persona alcuna che la voglia?" E se quivi era chi la volesse, rispondea volerla e si concertava il matrimonio; e che il padre di quel che la voleva portava qualche cosa a donar alla giovane, e da quell'ora avanti s'intendeva esser fatto il matrimonio, e che cantavano e ballavano, e venuta la sera i parenti li pigliavano e li lasciavano soli in luogo che niuno li potesse vedere.
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