In tempo che i consoli delle città ed i loro deputati ritornati alle proprie case, assoggettavano alle deliberazioni dei parlamenti generali l'alleanza conchiusa in Pontida, i Milanesi disarmati, e divisi in aperte borgate, temevano di essere ad ogni istante assaliti dalle milizie pavesi, cui non erano in grado di far resistenza. Sapevano essersi resa affatto pubblica l'inchiesta fatta all'assemblea di Pontida, ed ogni notte poteva essere anticipatamente stata destinata dai loro nemici per il massacro e l'incendio, e l'avvicinarsi delle tenebre gli stringeva il cuore di spavento. Circondati da città nemiche che in meno d'un giorno potevano mandare le loro milizie a sorprenderli, erano pure continuamente atterriti dagli amichevoli avvisi che i Pavesi davano ai loro ospiti milanesi179. Estrema era la costernazione, quando la mattina del giorno 27 aprile del 1167 comparvero all'ingresso della borgata di S. Dionigi dieci cavalieri di Bergamo cogli stendardi del loro comune; e tenevan loro dietro altrettanti stendardi di Brescia, di Cremona, di Mantova, di Verona e di Treviso. Venivano dopo loro le milizie che portavano le armi da distribuirsi ai Milanesi180. Gli abitanti delle quattro borgate riunitisi all'istante, s'avanzarono, mettendo grida di gioja, verso la distrutta città: colà distribuironsi tra di loro il lavoro dello sgombramento della fossa e della ricostruzione delle mura, prima di metter mano alle loro case. Le truppe della lega lombarda, che allora presero tal nome, non ritiraronsi da Milano finchè que' cittadini non furono a portata di respingere gl'insulti de' loro nemici, e di non temere un colpo di mano181.
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