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      Ma perché, Topsy, perché dicevi che avevi preso quegli oggetti?
      — Perché volevate che confessassi, e io non avevo più alcuna cosa da confessare, — disse Topsy fregandosi gli occhi.
      — Ma io non volevo che tu confessassi cose che non avevi fatte. Anche questa è una bugia come l’altra.
      — Ah! Davvero? — domandò la negretta con aria d’innocente stupore.
      — Oibò! — disse Rosa volgendo a Topsy uno sguardo sprezzante. — Si può forse aspettare un briciolo di verità da questa razza? Se io fossi il padrone Saint-Clare, la frusterei a sangue.
      — No, no, Rosa, — disse Evangelina con quell’aspetto di autorità che talvolta assumeva — non parlare a questo modo: io non potrei tollerarlo.
      — Ah, miss Eva, voi siete troppo buona! Non sapete come bisogna trattare coi negri: non s’ottien nulla da essi, se non a forza di battiture, credete a me.
      — Zitta, Rosa! — esclamò Evangelina. — Non dire un’altra parola di questo genere! — e l’occhio della fanciullina scintillò, mentre la sua guancia si colorì vivamente.
      Rosa parve umiliata; ma nell’uscir dalla camera borbottò fra sé:
      — È indubitabile che miss Eva ha nelle vene il sangue dei Saint-Clare; essa parla precisamente come il babbo suo. —
      Evangelina, ritta di faccia a Topsy, la stava esaminando. Le due fanciullette che si trovavano per la prima volta l’una al cospetto dell’altra, personificavano i due punti estremi della società: la fanciulla avvenente, ben educata, con la testolina bionda, gli occhi intelligenti, la bella fronte e il portamento signorile; e dinanzi a lei la piccola negra, timida, ignorante, ma astuta e bugiarda.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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