Quimbo e Sambo si odiavano cordialmente tra loro; tutti gli altri schiavi della piantagione li detestavano con eguale ardore; e incitandoli perciò gli uni contro gli altri, era ben certo di esser sempre ragguagliato, da una delle tre fazioni, di quanto succedeva colà.
— Qua, Sambo! — disse Legrée. — Conduci questa gente al loro quartiere; e questa donna è per te, — soggiunse, distaccando la mulatta da Emmelina e spingendola verso lui.
— Ti avevo promesso di recartene una... —
La donna tremò tutta, e indietreggiando di alcuni passi esclamò:
— Oh, padrone! Ho lasciato alla Nuova Orléans mio marito.
— E che vuoi dir ciò? Forse che non te ne bisognerà uno qui? Non tante chiacchiere! Va’innanzi! — disse Legrée, e alzò la frusta disposto a farne uso se il suo ordine avesse incontrato qualche resistenza.
— Venite, signora, — disse poi ad Emmelina — voi starete con me. —
Una faccia scura e selvaggia apparve un istante alla finestra, e mentre Legrée apriva la porta si sentì una voce acre e imperiosa dire qualche cosa.
Tom, che stava guardando Emmelina con tenera ansietà, vi fece osservazione, e udì Legrée acerbamente rispondere:
— Taci là! Fo quello che mi piace con voi tutti. — Tom non udì altro, perché doveva seguire Sambo al quartiere degli schiavi. Il quartiere, posto a qualche distanza dalla casa, era una via costeggiata da due lunghe file di capanne rozzamente costruite. Tom si sentì stringere il cuore a quella vista. Egli s’era confortato con la speranza di avere una capanna semplice sì, ma ch’egli potesse render pulita e tranquilla, dove fosse almeno un’asse per deporvi la Bibbia, e dove egli potesse prendere brevi istanti di riposo e di solitudine dopo i lavori quotidiani.
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