Ma sentite quest'altra. Il Nunzio eletto per Spagna, il quale è monsignor Gaetano, m'avrebbe dato cinquecento scudi dei due miei quadri dei Filosofi, se in quest'accidente fussero stati in mio potere, per portarli a donare al re di Spagna. Or che ne dite, amico? Non s'avanza nella gloria? non si cresce nella riputazione ed opinion dell'arte? Però, amico, vi prego a compatirmi se fra questo mentre sarò breve nello scrivervi, atteso che ho lo capo così pieno di stragi e rumori, cha sembro un Aletto.
Oh quanto m'è giunto nuovo l'avviso degli scialacquamenti del vostro fratello, al quale mi saria confessato a ginocchi scoverti; ma quel che importa è, che sia successo questo con danno del vostro patrimonio, il quale a me dispiace sino all'anima. Spero però che il vostro non sia per mancarvi. In ogni caso, Ricciardi mio, son qui per voi, e vi giuro, che mentre avrò un giulio, sarà mezzo vostro; però state allegro, e ridete in faccia alla disgrazia. Adesso ne incachiamo i Cresi e i Cecili, e tanto basta, essendo io in anima e in corpo tutto vostro.
Vi ridico che voi errate a supporre che l'Ovatino non sia mano dell'Albano, ma di qualche Romanesco, poichè è più che certo che sia mano sua. Ma perchè è delle cose ultime fatte con gl'incomodi della vecchiaia, bisogna aver pacienza; il qual quadretto, tuttochè non sia di quel gusto che io lo vorrei, son sicuro però che in questo paese non ci sarà nessuno che lo saprà fare migliore. Ma perchè io non voglio disputar con voi di pittura per adesso, mi riserberò a rifarvi qualche cosa del mio, e ripigliarmelo.
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