Tito Livio De Sanctis
L'Assedio di Civitella


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     La fuga del Capitano di Gendarmeria, non solo produsse negli animi di tutti una seria impressione, ma portò un vero scompiglio, dapoiché capirono che si era avvicinato il principio della fine. Ciononpertanto quella masnada di anarchici, non obbedendo più ad alcun comando, e presi dallo spavento del disperato, si diedero a tutt'uomo a riafforzare la chiusura delle porte della città e ad armare i bastioni e la cinta, fino al punto da prepararvi delle specie di trappole con dei grossi macigni, che toccati appena, sarebbero stati capaci di schiacciare quanti avrebbero avuto la temerità di avvicinarsi. Erano gli ultimi sforzi del condannato.
     Erano scorsi quattro mesi e mezzo di una vita oltremodo disagiata e piena di privazioni, quando nell'intendimento di finirla una buona volta, si prese la risoluzione di tentare un'assalto ed entrare in Città.
     Coloro che sapevano la impossibilità della riuscita di un tale tentativo, per quanto si sforzassero, non potettero giungere a persuadere quegli Uffiziali ad abbandonare una tale determinazione; anzi furono sospettati di secondi fini. Lo si volle assolutamente. Furono dati gli opportuni ordini, e per qualsiasi eventualità, fu impiantato un piccolo Ospedale in Borrano, e propriamente nel Casino de Angelis; quale Ospedale fu fornito di quanto potea esser necessario, comprese le barelle. Fu fatto costruire un certo numero di scale a piuoli che, dovevano servire a dare la scalata alle mura ed alle fortificazioni della Città.
     Era la mattina del 26 febbraio, prima dell'albeggiare. Una nebbia fittissima, avvolgeva la montagnola sulla quale è fabbricata Civitella del Tronto ed alla cui vetta dominava il Castello, come ravvolti ne erano tutt'i luoghi circonvicini.