Tito Livio De Sanctis
L'Assedio di Civitella


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     All'ora stabilita per l'assalto, risolutamente, e con tutte le necessarie precauzioni, le truppe assedianti si avanzarono, stringendosi intorno agli spalti della Fortezza e della Città, fortificata anch'essa. Le scale non erano state però poggiate alle mura. (32) (h) Nò.... quando l'astro illuminatore, quasi a dispetto, con i suoi raggi dileguò in un subito tutta la nebbia, ed i nostri soldati rimasero allo scoverto. Allora visti, Gendarmi, Veterani, e borghesi, tutti in un attimo, salirono sulle mura della Città, e con i fucili e con le granate a mano fecero un fuoco spaventevole; e nel mentre dalla Fortezza partivano mitraglie e bombe, ed ad onta che la nebbia tornasse a nascondere i nostri, fu giuocoforza battere ritirata ed a marcia da Bersaglieri, tornare ai posti dai quali si era partiti; abbandonando le Scale, lungo la via, le quali poi vennero alla notte ritirate.
     Un tenente del Genio Anconetano fu ferito ad un braccio, ed un Bersagliere del 9. Battaglione, il quale faceva parte d'una compagnia, ch'erasi appiattata dietro il Cimitero, rimase morto per commozione cerebrale, colpito da un pezzo di bomba nell'occipite. Disgraziatamente avvenne ciò che era stato preveduto da alcuno, e che erasi cercato con tutt'i mezzi di scongiurare l'inutile tentativo: — fu veramente disgrazia, poiché un tal fatto non servì che a far ingalluzzire semprepiù quella canaglia rinchiusa in quel covo. — Fu un'errore, ma è mestieri ricordarsi, che l'errare è proprio degli uomini, più poi quando si è guidati da quell'ardore, da quell'entusiasmo e da quello slancio, che spingono a compiere nobili e gloriose azioni.

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(32) (h) Come è stato asserito nella pubblicazione La Muta.