Con ben altri criterii fu giudicato il Maggiore, o Capitano Giovane. Esso non erasi lordato od almeno aveva con molta scaltrezza saputo salvare le apparenze, per cui ottenne la seguente Sentenza:
Torino 6 dicembre 1861
La Commissione d'Inchiesta, presso il Tribunale Militare permanente in Torino.
Udita la relazione ecc., ecc.
Contro
Giovane Giuseppe di anni 62 di Napoli, già Maggiore di Gendarmeria al servizio Borbonico, detenuto nel Forte dell'Ovo in Napoli ed imputato di tradimento e di atti barbarie, crudeltà, incendii e rapine,
Ha osservato
che quanto alla prima imputazione, anche equivocamente enunciata nel rapporto firmato Pinelli, è pienamente esclusa dalle autorevoli deposizioni dell' ex governatore de Virgilii, il quale nelle sue dichiarazioni tendenti a descrivere l'orrida guerra sostenuta dal Giovane, fa conoscere, come lo stesso avesse sempre operato nell'interesse del suo antico padrone, il quale lo mantenne sempre col suo soldo, anche dopo la espugnazione di Gaeta.
Che caduto il primo capo d'accusa ne segue, che la condizione del Giovane, e la natura dei suoi atti durante l'assedio di Civitella, debbono essere con ben diverso criterio giudicati. Egli sosteneva una dinastia divenuta esacrata; egli difendeva una dinastia divenuta da gran tempo in odio al popolo per i suoi errori e delitti, ma ciò facea da soldato ed in buona guerra, onde secondo il dritto delle genti, le violenze da lui usate non potevano rivestire alcun carattere di comune delitto e tanto meno di militare infrazione. Che in tale circostanza riuscirebbe assai pericolosa il fissare i limiti al nemico ed il dogmatizzare sulla legittima necessita delle sue operazioni, che per lo più, sia pel genio del Capitano, che per la efferatezza dei combattenti, che per imperiosità del momento, sono sempre apportatrici di terrore, di desolazione e di morte onde, riesce applicabile l'antico adagio: Adversus hostem eterna autoritas esto.
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