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Molte regioni italiane hanno commemorato in questo cinquantenario della Patria gli uomini che cooperarono a redimerla e costituirla e la maggior parte dei quali per decreto di natura sono scomparsi e non possono parlare per correggere le inesattezze delle memorie se ricordati, e reclamare giustizia se dimenticati.
Nello scorso aprile un giornale di Napoli rammentava una famiglia abruzzese che io conobbi assai da vicino, famiglia dimenticata in un opuscolo scritto da abruzzesi e stampato in Abruzzo tanto per dar ragione al vecchio “nemo propheta in patria”. Ad un superstite di quella famiglia che se ne lamentò con me io offersi la mia testimonianza. (1) Si tratta del processo al generale francese François Achille Bazaine (1811-1888), il quale nel corso della Guerra franco-prussiana dove comandava la cosiddetta Armata del Reno, ed il cui esito infausto determinò la fine del Secondo Impero, fu accusato di tradimento. Bazaine ad un certo punto si arrese, rifiutandosi di continuare a combattere per un governo nel quale non si riconosceva più. Processato nel 1873 fu accusato di aver preso accordi con il nemico, e condannato a morte, ma fu graziato dall'appena eletto presidente francese Mac-Mahon, che gli fece commutare la pena a 20 anni di reclusione e gli evitò l'umiliazione della degradazione. Secondo la storiografia le accuse di tradimento non sono da considerarsi fondate. Del celebre processo, all'epoca venne pubblicato un libro: Valerio Busnelli, Processo del Maresciallo Bazaine in Francia, Milano, Bestetti, 1873. |