Dario Peruzy
Ricordanze patriottiche


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     Pianell pose il suo quartier generale a Teramo. Si diceva di lui ch'era nato soldato, nominato capitano nelle viscere della madre. Certo nessuno possedette mai natura di soldato rigida, austera, disciplinata pari alla sua esemplarissima, a cui si aggiungeva l'energia dell'ingegno, dello spirito e della coltura profonda. Con lui le truppe non ebbero posa né tregua. Quasi ogni notte la città era destata di soprassalto dal rullio dei tamburi e dal suono delle bande che chiamavano a raccolta. Le truppe si radunavano prontamente in piazza sotto gli occhi del generale e partivano per ignota destinazione, tornando in città la sera o il giorno successivo. La vigilanza fu strenua, perfetta.
     Tutto questo armeggio però non valse nulla agli scopi militari: — certo non arrestò la corrente rivoluzionaria che si diramava nella provincia e crebbe poi al primo annuncio delle vittorie garibaldine in Sicilia. Le sconfitte dei filibustieri inventate dalla Gazzetta ufficiale del Regno delle Due Sicilie facevano ridere: — a noi giungevano piccoli fogli leggerissimi, stampati in caratteri minuti con le notizie del giorno: avvisi e istruzioni del Comitato di Napoli, programmi, articoli patriottici. Rammento quelli del capitano De Benedictis, che fu poi uno dei più dotti, valorosi e stimati generali del nostro esercito. Si preparava tutto per lo scoppio, Settimio Costantini aprì l'arruolamento por i volontari che dovevano raggiungere Garibaldi. Una nave col colonnello Malenchini sarebbe venuta a Giulianova per imbarcarli. Intanto si raccoglievano armi e lo spirito, dirò l'entusiasmo rivoluzionario, si propagava ogni [ora] di più nella popolazione. V'erano parecchie centinaia di bravi operai, ardenti, smaniosi di venire ai fatti. La difficoltà per coloro che si trovavano a capo del movimento era solo quella di contenere gli spiriti per evitare che una esplosione precoce compromettesse il disegno di un'azione efficace e risolutiva. Ma non era possibile più impedire che gli ardori patriottici avessero sfogo in manifestazioni esteriori quando se ne presentasse l'occasione. L'inno di Garibaldi era già di pubblico domino e risuonava per le vie della città tra gli applausi e le grida frenetiche dei dimostranti. Rammento una di queste dimostrazioni che si spinse fin sotto le porte delle carceri, dove erano ancora detenuti politici. Si gridava a perdita di fiato: Viva Garibaldi! Viva l'Italia! Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia! Morte ai Borboni! Il picchetto di guardia della gendarmeria, già così intraprendente e corrivo a violenze, guardava, ascoltava... ma non si moveva... Il regno di Francesco il regnante tuttora a Napoli era finito a Teramo sotto gli occhi delle autorità e delle truppe regie....