A proposito della rappresentazione a Parigi dell'opera di Verdi, I Vespri Siciliani, egli fa una viva dipintura, che mi piace testualmente riportare, del modo come in Francia era organizzata la claque, e per rendere noti alcuni suoi giusti ed assennati giudizii.
“In mezzo alla platea del teatro, vi sono tre file organizzate militarmente, col loro capitano, che inizia l'applauso e regola la durata di esso e le grida di entusiasmo, secondo la importanza del compositore, del cantante, della ballerina: raramente si vede in teatro un signore, un palco, una famiglia che applaudiscano. Tutti gli applausi si fanno da quella turba di claqueurs. Il successo di un'opera poi è decisa dalla cassetta e dalla critica de' giornalisti, che si riuniscono nel foyer durante gli entre-actes... In quel tempo Offenbach, divenuto poi celebre, suonava ancora il violoncello ed aveva composto un duetto per due violoncelli, che voleva far udire in un concerto dato da lui a suo benefizio; ma quella tenzone artistica, a cui fui invitato, poteva nuocermi ed io rifiutai. Forse fui troppo severo, data la cordialità che regnava a Parigi fra gli artisti, ma feci benissimo. Il gran successo mio non poteva certo piacere ai miei colleghi, e perciò non mi fidavo di loro. Col mio modo di suonare, rivelai al pubblico un abuso del bravo violoncellista belga, Servais, che aveva con la sua scuola ridotto il violoncello ad imitare il violino coi flautati, coi pizzicati, picchettati, variazioni, agilità numerose e quasi sempre acute, mentre io cavavo dal suono del mio strumento quelle note umane, commoventi, che il violino non potrà mai dare. Il pubblico, senza accorgersene, fu dalla parte mia, perché quella maniera non era stata usata dagli altri violoncellisti".
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