Dette un ultimo concerto alla Sala Erard, solamente col violoncello, per dire addio ai numerosi amici, che lo applaudirono con grande entusiasmo. E nelle sue Memorie, nel dare addio alla Francia, egli racconta alcuni aneddoti, che ci è caro qui testualmente trascrivere, perché ci rivelano lo indomito amore di Braga alla diletta patria sua, e nel tempo stesso il rispetto e la stima da cui era circondato, anche in quei momenti difficili e non favorevoli a noi italiani.
“Mi ricordo di essere stato un giorno a colazione da un Duca, discendente di famiglia illustre, che aveva presa parte alle Crociate. Un suo figlio, che non mi conosceva e che era stato forse zuavo del Papa, si mise a dir male degl'italiani. Suo padre lo rimproverò subito e lo fece tacere, facendogli comprendere che io ero italiano. Un'altra sera, ad un pranzo, mi trovavo seduto rimpetto ad Andrieux, che era stato ministro di polizia, e ridendo gli dico: 'Il parait que vous voulez chasser de Paris tous les étrangers'. Egli mi rispose che se ciò avvenisse, il Governo farebbe male: 'En tout cas, on ne chassera pas les princes de l'art comme vous'. Di queste graziose risposte potrei citarne molte. Quelli che dal nulla erano divenuti ricchi, qualche volta mi punzecchiavano, ma io rispondevo con la mia solita frase: Povero Braga! Solo una volta presi la mosca con uno di coloro che avevano milioni senza saper leggere. M'invitò ad un pranzo, come essi dicono, prié. Fui uno de' primi arrivati: entra un signore grasso, grosso, brutto con la Commenda della Legion d'onore al collo e con una ventina di decorazioni, tutte estere all'occhiello. Il padrone di casa, in luogo di presentarmi, come tutti facevano sotto l'impero: mon ami Braga, disse: 'J'ai l'honneur de vous presénter mon ami Braga, quoique italien'. Perdei la bussola: gli risposi secco: 'Et moi, je ne suis pas le votre'. Infilai la porta ed andai di corsa a pranzare al caffè Riche.
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